Ciclopedonale di via Val di Rocco: un’altra occasione persa per Perugia

Ciclopedonale di via Val di Rocco: un’altra occasione persa per Perugia

Il percorso ciclopedonale che il Comune di Perugia si appresta a realizzare in via Val di Rocco, a Ponte Felcino, rischia di essere uno spreco di risorse pubbliche per un’infrastruttura di dubbia utilità e che non è prioritaria per sviluppare una valida ciclabilità urbana.

Facciamo un passo indietro: la Regione Umbria ha previsto di rinnovare il percorso ciclopedonale di circa 20 km lungo il Tevere. Si tratta di un itinerario prevalentemente ludico-sportivo che si innesta in più ampi itinerari cicloturistici a valenza nazionale ma che potrebbe anche diventare asse di collegamento tra le varie frazioni attraversate, da Ponte San Giovanni a Ponte Pattoli, in chiave utilitaristica, ossia per coloro che si spostano in bicicletta per le esigenze quotidiane (andare al lavoro, a scuola, raggiungere servizi, negozi, residenze, ecc.).

Con quest’ottica, sono stati stanziati dei fondi per “potenziare e mettere a sistema una rete di percorsi ciclo-pedonali per incentivare la mobilità “dolce” sia da un punto di vista ludo-ricreativo, ma anche in un più ampio concetto volto a favorire tale modalità di spostamenti nel contesto scolastico-lavorativo.”

L’intento è positivo ed è in linea con la nostra idea di ciclabilità come mezzo di spostamento per le esigenze quotidiane (in verità non solo per andare a scuola o al lavoro ma per quasi ogni necessità di spostamento), con l’obiettivo di ridurre l’uso esagerato dell’automobile in contesti dove muoversi a piedi o in bicicletta potrebbe e dovrebbe esser la norma. La riteniamo una possibilità concreta tanto che a inizio maggio abbiamo presentato al sindaco Romizi un’idea di rete per Ponte Valleceppi, frazione presa ad esempio per palesare una strategia di possibile intervento, da poter applicare anche in altre zone come Ponte Felcino stessa.

Attraverso la delibera n.159 del 18/05/2022, il Consiglio comunale ha approvato la realizzazione di un marciapiede ciclopedonale a doppio senso di marcia con larghezza di 2,5 m e annessa illuminazione sul tratto a nord di via Val di Rocco che va dall’attuale accesso al Percorso Verde lungo il Tevere, nei pressi delle Piscine Thebris, fino alla strada Canneto Sant’Angelo. L’infrastruttura prevede una spesa totale di ben 470 mila euro.

Sulla carta quindi un nuovo percorso a favore di pedoni e ciclisti e quindi positivo, all’apparenza in linea con gli obiettivi posti. Se però approfondiamo le cose, è davvero così? È questo che serve per migliorare la mobilità pedonale e sviluppare quella ciclabile? Il tratto scelto è così strategico per la mobilità dolce? Serve ad una ciclabilità di tipo utilitaristico?

Abbiamo seri dubbi che la scelta fatta sia efficace e utile a migliorare sensibilmente la mobilità ciclabile e pedonale.

Via Val di Rocco è una strada utile a superare la “barriera” rappresentata da strada della Molinella (un’infrastruttura a doppio senso di marcia ad elevato traffico che collega lo svincolo della E45 prima a Ponte Rio e poi alla parte nord di Perugia e viceversa), collegando in direzione nord/sud parte del territorio. Ma non è la sola: via della Ghisa ha la stessa funzione, risultando però preferibile per il traffico di attraversamento perché è più breve nel collegare tra loro via Dell’Ala (che arriva da Ponte Felcino) a via Carucciola (che arriva da Ponte Valleceppi) e viceversa.

Via Val di Rocco è quindi una seconda scelta per l’attraversamento nord/sud e ha pertanto molte meno auto in transito, in particolare nel tratto a nord, dove è previsto l’intervento: una strada ridondante a bassissimo traffico totalmente priva di servizi, attività o residenze lungo il suo percorso (ad eccezione di un’unica abitazione). Diversamente il tratto a sud, che si ricongiunge a via Carucciola, e che è di accesso alle attività e alle strade locali presenti in quella zona ha maggior traffico anche pesante.

Il tratto quindi scelto dal nuovo percorso ciclopedonale è totalmente privo di attrattività e interesse: per come è concepito si percorrerà solo ed esclusivamente per andare verso lo specifico accesso al Percorso Verde lungo il Tevere, in prossimità delle Piscine Thebris. La riteniamo decisamente debole come scelta.

Tanto più che il percorso parte (o termina a seconda di come la si intende) nel “nulla”, all’incrocio con strada Canneto Sant’Angelo, dove mancano percorsi per la mobilità dolce. Risulta quindi un percorso fine a sé stesso, nell’immediato, con i possibili utenti che dovranno raggiungerlo in condizioni di insicurezza e poi percorrerlo senza particolare interesse, visto il contesto in cui si inserisce.

Foto 1: Incrocio via Val di Rocco – strada Canneto Sant’Angelo. Punto dove terminerà il percorso

 

Un percorso ciclabile non è però solamente un collegamento tra punto iniziale e finale ma deve essere un’infrastruttura quanto più possibile permeabile nella sua estensione, così da attrarre più utenti possibile.

Allora tra i due tratti, è forse quello a sud, a dover essere infrastrutturato per i ciclisti che così da Ponte Felcino, Ponte Valleceppi e oltre, tramite l’uso dell’asse ciclopedonale lungo il Tevere possono raggiungere luoghi di lavoro, attività e servizi che si trovano in questa zona in totale sicurezza e piacevolezza.

Foto 2-3: Via Val di Rocco tratto sud. Sono presenti alcune attività sul lato sinistro in una strada dritta, di larghezza elevata senza marciapiedi, né percorsi ciclabili

 

L’amministrazione ha previsto altri percorsi a formare una rete urbana sommaria dove sono previsti altri nuovi accessi all’asse ciclopedonale lungo il Tevere (da qui l’ulteriore poca utilità del collegamento previsto), ma non si sanno ancora i tempi di realizzazione di questi tratti e anche a rete completa, questo percorso resta comunque poco strategico. Allora perchè partire proprio da qui invece che da altri tratti interni a Ponte Felcino che sono ben più utili fin da subito? Non è chiaro.

Rete ciclabile prevista a Ponte Felcino

 

Anche in previsione di una futura espansione urbana su questa strada (poco distante è prevista una nuova area commerciale), resta l’inutilità, nell’immediato, di questo percorso e in quel caso la scelta poco valida di un percorso ciclopedonale. In un contesto esterno al centro abitato, dove non c’è alcun punto di interesse, possiamo immaginare che i pedoni e i ciclisti saranno piuttosto pochi, quindi, pur non ritenendola una soluzione ideale, può essere anche accettabile condividere lo stesso spazio tra questi due utenti della strada. Se però il contesto cambia e ci si aspetta un deciso aumento di pedoni e ciclisti, allora questa soluzione è da evitare il più possibile perché mette in conflitto, su uno spazio ridotto, due utenti della strada che hanno caratteristiche diverse, svantaggiandoli entrambi. I pedoni si muovono a bassa velocità e vogliono sentirsi sicuri di passeggiare in uno spazio a loro dedicato senza timore di esser investiti da chi si muove su due ruote. Al tempo stesso, i ciclisti, che si muovono per fini utilitaristici (andare al lavoro, a scuola, per raggiungere servizi, negozi, residenze, ecc.), hanno necessità di spostarsi rapidamente e trovarsi continuamente pedoni in movimento sul loro itinerario rappresenta sia un pericolo che un disagio. Pertanto è uno sbaglio e un controsenso realizzare un percorso ciclopedonale in ambito urbano, se si vuole potenziare la mobilità pedonale e ciclabile nel territorio, tanto che non è una soluzione più usata in Europa da tempo.

Senza però fare ipotesi future e rimanendo sull’attualità, a questo punto era così fondamentale investire risorse proprio in questo tratto dove gli utenti sono pochi? Riteniamo fosse molto più ragionare sui percorsi interni al centro abitato, già peraltro previsti (via dell’Ala e via Marchesi), aggiungendone altri a formare una rete davvero efficace per gli spostamenti quotidiani all’interno di Ponte Felcino. È dove sono servizi, attività, residenze, ecc che c’è più interesse a spostarsi anche in bicicletta.

Foto 4: Via Val di Rocco tratto nord. Una strada di campagna priva di attività e di incroci

 

Se poi necessariamente si deve intervenire proprio nel tratto di strada previsto, riteniamo si potessero valutare soluzioni meno onerose, impiegando le risorse risparmiate nei tratti più strategici detti prima.

Proponiamo alcune suggestioni, come spunto di discussione che hanno il vantaggio di costare molto meno, essendo ugualmente efficaci in questo contesto. Considerando il bassissimo traffico veicolare, si poteva agire diversamente, moderando da una parte le velocità delle auto e dall’altra realizzando interventi più soft come una strada ciclabile, dove il ciclista ha la precedenza, o magari corsie ciclabili monodirezionali, dove le auto possono lasciare spazio ai lati della strada alle biciclette quando non arrivano veicoli nel senso opposto. Oppure si poteva agire in maniera più coraggiosa, limitando ulteriormente l’accessibilità per le auto, magari ai soli residenti di quell’unica abitazione presente, ma aumentandola per pedoni e ciclisti che la possono usare in sicurezza senza necessità di interventi particolari o chiudendo proprio al traffico veicolare il tratto che va dall’abitazione al sottopasso (essendo presente via della Ghisa) e lasciarlo invece percorribile da pedoni e ciclisti. Per l’illuminazione si potrebbe potenziare, nei punti dove serve, quella presente su via della Molinella che in buona parte è sufficiente già ora.

Le possibilità sono molteplici e non si limitano a questi input. Resta a nostro avviso immotivata la scelta di questo specifico tratto e spropositato il costo dell’intervento previsto in relazione ai benefici che si otterranno, quando ci sono tante altre aree che necessiterebbero prioritariamente di interventi per favorire la mobilità ciclabile.

In questo modo chi vuole andare nella zona della Pineta sulla ciclabile del Tevere, sia che provenga da Perugia (Ponte Rio), o da via dell’Ala, o da Via Carucciola o dalla provinciale oltre la E45, dovrà fare un tragitto per la gran parte lungo strade trafficate e pericolose e solo l’ultimo km su una strada secondaria per nulla trafficata e priva di intersezioni, per l’appunto via Val di Rocco lato nord. Con questo progetto che il Comune si accinge a mettere in opera, tutta la parte di tragitto lungo strade trafficate e pericolose resta invariata, mentre ci sarà la pista ciclopedonale per l’ultimo chilometro dove il bisogno di intervenire è minimo se non nullo. 

Inoltre, per fare spazio alla nuova pista ciclopedonale, quel tratto di via Val di Rocco diventerà a senso unico, obbligando i residenti dell’unica abitazione presente a percorrere inutilmente un paio di km in più ogni volta che devono fare rientro a casa propria.

Come FIAB Perugia Pedala e Legambiente Umbria da tempo sollecitiamo il Comune di Perugia a coinvolgerci nelle scelte in ambito di mobilità sostenibile e in particolare di mobilità ciclabile. Questo non perché vogliamo imporre la nostra visione, ma semplicemente perché essendo tra le associazioni più attente ai temi della mobilità urbana (oltre ad avere tra i nostri iscritti molti ciclisti urbani), insieme potremmo trovare soluzioni più efficaci per raggiungere l’obiettivo condiviso di favorire la ciclabilità urbana di tipo utilitaristico che il Comune in più occasioni dichiara di voler perseguire. Tanto più che abbiamo collaborato attivamente e positivamente un paio di anni fa con l’amministrazione, nel definire una vera e propria rete ciclabile per Ponte San Giovanni che è entrata poi a far parte del più vasto e articolato programma Pinqua di recente approvazione e imminente realizzazione.

Ma questi risultati andrebbero estesi a tutta la città. Perugia sconta un’arretratezza storica in termini di infrastrutture per la ciclabilità e non si può permettere di perdere ulteriore tempo e risorse facendo errori grossolani e attuando interventi inefficaci che non porteranno ai risultati sperati. La ciclabile via Val di Rocco rappresenta appieno un approccio sbagliato alla ciclabilità e un’occasione persa che non servirà a modificare le abitudini dei cittadini.