Continua la rubrica #iorestoacasa con Pillole di Legambiente Perugia e Valli del Tevere. Oggi vi proponiamo un articolo di approfondimento sull’obiettivo 12 dell’Agenda 2030: garantire modelli sostenibili di produzione e consumo.
Ogni giorno, ogni mese, ogni anno, ormai da qualche decennio, Madre Natura ci sta chiedendo sempre più, con le buone e con le cattive, di rivoluzionare il nostro modo d’interagire con l’ecosistema: non più da padroni assoluti ma da gentili beneficiari. È messo in discussione radicalmente il nostro modo di consumare e produrre. Tutti noi siamo chiamati all’appello, noi singoli cittadini ma anche noi nel mondo globale.
Qual è la nostra risposta globale?
Ogni tanto riscopriamo le Nazioni Unite, non solo per avere l’avvallo a una guerra decisa solo per i nostri interessi, ma per nobili cause, o meglio per questioni improrogabili: salvare il pianeta, la nostra vita e quella delle future generazioni. A questo riguardo, recentemente risuona nelle nostre orecchie una formula o meglio una possibile e praticabile soluzione: l’agenda 2030. Questa costituisce un ambizioso quanto necessario programma per affrontare non solo le emergenze ambientali, ma anche quelle economiche e sociali che sono alla prima strettamente connesse. Prende le mosse dagli obiettivi del millennio varati nel 2000 che dovevano essere realizzati per il 2015. L’agenda è articolata in 17 Goals di sviluppo sostenibile, declinati in 169 target. La materia è vastissima, focalizziamoci sull’obiettivo 12: garantire modelli sostenibili di produzione e consumo. Una risposta tanto semplice quanto efficace a questo proponimento è l’economia circolare: passare da una lineare ad una sostenibile (reduce, reuse, ricycle). Sembra semplice, va anche di moda, ma che fatica mettere in discussione la nostra mentalità consumistica!
A questo riguardo riportiamo qualche dato sulla raccolta differenziata:
Fonte dati: Arpa Umbria e riportati anche nel nostro Dossier regionale Comuni Ricicloni 2019
Che cosa possiamo fare nel nostro piccolo?
Come si sa l’unione fa la forza e ogni nostro comportamento virtuoso, assommato agli altri, farà la differenza. In termini di consumo sostenibile, il mercato offre numerosi prodotti a cominciare da quelli ecologici. Sono beni a minore impatto ambientale: comportano, per la loro produzione, più basse emissioni inquinanti e ridotto consumo di energia, contengono la quantità più bassa possibile di sostanze chimiche tossiche o inquinanti, sono più facilmente smaltibili e riciclabili. Attenzione, la garanzia che il prodotto sia effettivamente ecologico è la certificazione.
Qual è l’identikit di chi compra prodotti ecologici? Secondo il terzo Osservatorio nazionale sulla sostenibilità 2017, promosso da LifeGate e realizzato da Eumetra, sono sempre più le persone che adottano comportamenti di acquisto sostenibili, il 29% della popolazione, in particolare donne di età compresa tra 18 e 34 anni con titolo di studio medio alto. È interessante la percentuale delle persone disposte a pagare un po’ di più per fare tali acquisti, 52%.
E per quanto riguarda il biologico?
Identikit del <<consumatore bio>>.
Le nuove prospettive del biologico: il biologico 3.0
Il biologico si è evoluto nell’arco di circa cento anni. Se si vuole dare un nome alle tappe che ha attraversato si parte dall’1.0: i pionieri che scoprirono le interconnessioni tra come viviamo, mangiamo e coltiviamo, tra la nostra salute e quella del pianeta. Il 2.0 mette in pratica le visioni dei pionieri dell’1.0, realizzandole concretamente. Il 3.0 fa ulteriori importanti passi avanti: affronta le sfide ambientali che ci stanno innanzi, proponendo un biologico innovativo che mette in risalto gli impatti dell’attività agricola. Si pone la questione della resilienza e dell’adattamento al cambiamento climatico, dell’accesso ai capitali e al giusto reddito, della salute degli animali, della disponibilità di terreni, acqua e semi, di diete sane ed equilibrate e dell’eliminazione dello spreco nei sistemi agricoli.
Un’altra caratteristica del 3.0 è che non è prescrittivo, ma descrittivo: non si concentra sul dare norme minime per obiettivi finali statici, ma si basa sul risultato e si adatta continuamente al sistema locale. Utilizza l’innovazione, in primis quella tecnologica, in modo proattivo, per prevenire problemi futuri. Ha un approccio integrato, tenendo conto della dimensione ecologica, economica e sociale. Il concetto di innovazione a cui fa riferimento abbraccia oltre che la tecnologia anche gli aspetti sociali, il rafforzamento istituzionale e la governance. Come si evince da quanto detto, il biologico 3.0 è inclusivo: collabora con altri movimenti e organizzazioni della società civile.
Alcuni esempi di tecnologie del biologico 3.0: tecnologie intelligenti come robot e agricoltura di precisione, tecnologie informatiche e di comunicazione, controllo biologico e prodotti botanici per la salute di piante e animali.
Nicola Cicchitelli per Circolo Legambiente Perugia e Valli del Tevere
N.B:Per ulteriori approfondimenti consultare il rapporto Ifoam (International Federation of Organic Agricolture Movements), dal titolo “Biologico 3.0, per una produzione agricola e un consumo realmente sostenibili”.