Legambiente Umbria e FIAB Perugia Pedala presentano le proprie osservazioni al Piano Regionale dei Trasporti

Un piano che nasce già vecchio, un mero elenco di opere che risalgono a decenni fa e nessuna innovazione nè scelta prioritaria che risponda alla sfida della decarbonizzazione dei trasporti

In vista dell’elaborazione del proprio Piano Regionale dei Trasporti (PRT) 2024-34, la Regione Umbria ha licenziato nello scorso luglio un Documento di Piano, dando 45 giorni di tempo (scadenza 23 agosto) a Enti, Associazioni e cittadini per proporre proprie osservazioni critiche.

Trattandosi di un documento di oltre 500 pagine, con molti rilievi e contenuti tecnici ma al contempo di notevole importanza strategica per delineare l’immediato futuro della nostra Regione, e considerando anche le prossime elezioni amministrative, la tempistica proposta sembra suggerire non tanto la volontà di promuovere conoscenza e partecipazione da parte della cittadinanza, quanto piuttosto il contrario, oltre a voler “marcare il territorio” rispetto a eventuali cambiamenti amministrativi.

Fatta questa premessa, Legambiente Umbria e FIAB Perugia Pedala APS hanno inviato agli uffici preposti un elaborato con le proprie osservazioni al Documento di Piano:

Osservazioni-al-PRT-Umbria.pdf

Per la rilevanza delle tematiche, auspichiamo di poter sollecitare opportuni riscontri da parte degli uffici regionali sui vari punti specifici, non solo ai fini degli obblighi di legge (processo di VAS del Piano), ma in modo da alimentare più in generale una riflessione pubblica, fin qui in vero assai carente, sul percorso di PRT 2024-2034 con i cittadini e le comunità dell’Umbria.

In generale, si tratta a nostro giudizio di un piano che nasce vecchio, concepito come mero elenco di opere, e non al passo con i tempi: il lungo elenco di opere infrastrutturali proposto, nelle varie modalità (reti ferroviarie regionali, servizi metropolitani, stazione dell’alta velocità, nuove opere e corridoi stradali, infrastrutture di logistica e per l’accessibilità all’aeroporto, reti e itinerari di mobilità dolce), viene giustificato nei propositi realizzativi dal quadro di coerenza sovraordinato, in gran parte senza valutazioni aggiuntive di urgenza e necessità che diano conto anche della mancata o difficile realizzazione delle stesse opere negli anni.

Resta invece solo abbozzato sullo sfondo il riferimento alle “sfide centrali” di innovazione, vale a dire il contributo delle politiche regionali agli obiettivi prioritari che l’Europa si è data negli anni recenti per l’efficienza ecologica dei trasporti, in risposta alla questione climatica e agli obiettivi di decarbonizzazione che, se ben interpretate, determineranno evoluzioni rilevanti del sistema di mobilità territoriale. Manca, in sostanza, la definizione di un metodo di scelta tra priorità e soluzioni alternative (un Piano che realizza di tutto e di più non è credibile!).

Su questi aspetti il PRT è molto carente sia in termini di indirizzi, sia di strumenti messi a disposizione delle autorità locali atte a ridurre, nei tempi previsti, la CO2 complessiva prodotta dalle attività di trasporto, di cui ¼ del totale in UE è imputabile propriamente alla mobilità su strada e circa il 15% ai gas di scarico delle automobili: l’Umbria, in questo senso, è tra le regioni con alcuni tra gli indicatori peggiori, citiamo a solo titolo di esempio:

  • tasso di motorizzazione (rapporto auto/abitanti 76 su 100) ai livelli di punta nazionali e continentali, e in tendenziale ulteriore crescita.
  • modello di mobilità d’impresa sbilanciato sul trasporto privato su gomma, con un basso profilo ambientale e alti consumi energetici.
  • debolezza strutturale del trasporto pubblico di linea e dipendenza dall’auto per gli spostamenti quotidiani e di routine (scuola e lavoro), sia nella mobilità intercomunale sia nel corto raggio, con conseguente sovraccarico delle reti in orari di punta e nella viabilità di ingresso ai poli urbani
  • offerta pubblica in ulteriore contrazione dopo il Covid e la crescita dei prezzi energetici, con aumento delle spese di trasporto per famiglie e imprese, carenza di servizi minimi e problemi di spostamento dei cittadini meno dotati o privi di mezzi propri (giovani, anziani, disabili, ecc.), inaccessibilità e isolamento di zone e aree marginali
  • scarso sviluppo della mobilità attiva ed ecologica, anche per ragioni fisiche e di orografia, nonché a causa delle maggiori distanze da percorrere tra luoghi di residenza e sedi delle attività quotidiane imposte dalle traiettorie di insediamento e sviluppo recenti.

Richiamare e approfondire questi dati critici nel Piano aiuterebbe a farsi un’idea realistica della situazione con cui misurarsi e delle prospettive d’intervento praticabili, che non possono limitarsi alla sola richiesta di più infrastrutture.

Il contributo dei territori alla “transizione” meriterebbe, quindi, un maggiore spazio all’interno di un Documento avente l’ambizione di delineare il futuro dei trasporti in Umbria, come riflessione su uno dei punti programmatici essenziali per la qualità del territorio e delle relazioni tra luoghi di vita, ma anche per arrivare in concreto a valutare l’entità degli sforzi richiesti al settore dei trasporti regionali.

Una seria politica contro il trasporto privato su gomma esige non solo infrastrutture ma servizi competitivi e di qualità, a cominciare da collegamenti ferroviari locali (urbani e di comprensorio) ben integrati con la gomma e adeguati come orari, informazioni, materiale rotabile impiegato, oltre a un’analisi accurata di supporto alla programmazione delle reti e dei servizi che individui, nei vari contesti regionali, i fattori in grado di rendere l’offerta di viaggi pubblica ed ecologica appetibile agli utenti e ben integrata nel tessuto urbano, tramite gli strumenti propri dell’indagine mirata di “segmentazione” della domanda, dell’urbanistica partecipata e del “mobility management”.

Colpisce al contrario in negativo che un documento proiettato al 2034, come il nuovo PRT riproponga progetti in campo da anni privi di stime di remuneratività ed efficacia aggiornati, e soprattutto che lo stesso piano regionale basi le proprie valutazioni programmatiche d’intervento su analisi di domanda in gran parte ferme ai dati sul pendolarismo ISTAT del 2011, nonostante ce ne siano a disposizione di più recenti.

Ribadiamo in questa sede una volta in più che onde evitare che i piani siano perlopiù meri esercizi compilativi che si limitano a elencare possibili interventi che poi regolarmente non trovano applicazione, occorre individuare priorità e indirizzi chiari di azione ai vali livelli amministrativi.

Venendo ad alcuni specifici interventi, il PRT 2022-2034, come la precedente versione di PRT, pone l’attenzione sulle novità rappresentate dal quadro dei progetti di sviluppo di connessioni nazionali e collegamenti regionali ferroviari in chiave di competitività e migliore fruizione del territorio; ne dà per scontata la bontà e necessità a prescindere, malgrado in gran parte siano stati promossi ed avviati ad elaborazione anni fa, in un’altra stagione della politica europea.

Spicca in tal senso, in negativo, il progetto della stazione Alta Velocità di Creti, che dovrebbe sorgere nella piena campagna di Cortona, con costi ingenti e forte impatto ambientale dovuto al consumo di suolo, a beneficio di un’utenza ridotta dei capoluoghi di provincia di Arezzo, Siena e Perugia, di meno di un milione di persone. La zona interessata dal progetto è raggiungibile dall’Umbria solo in auto con la Siena/Bettolle/Perugia (SS 715), una superstrada nel cui tratto umbro si registrano peraltro la più alta densità di incidenti stradali della rete viaria regionale. La nuova opera finirebbe quindi con l’incentivare altra mobilità su gomma e la costruzione di nuovi parcheggi vicino alla stazione, aumentando il già notevole consumo di suolo rurale.

Uno dei temi mancanti nel Piano riguarda l’azione per la diffusione della mobilità elettrica sul territorio e le politica prevista per l’accesso alle infrastrutture di ricarica, che vedono l’Umbria mediamente tra le aree più deboli e in ritardo del Paese.

Per la parte relativa agli scenari attuativi e di progetto, Il nuovo PRT 2034 si dimostra al momento assai carente anche in merito ai processi che dovranno stimolare lo sviluppo di modalità ecologica e attiva: la Regione Umbria, ad esempio, non ha ancora un proprio Piano Regionale della Mobilità Ciclistica (PRMC), nonostante i tempi siano già abbondantemente scaduti rispetti le prescrizioni di Legge (settembre 22), e il PRT non assolve a questo obbligo.

Non meno importante, occorre rimarcare ulteriormente in questa sede come appaia del tutto fuori progetto, rispetto ai propositi di sicurezza e gestione ottimale delle reti escursionistiche per la promozione turistica e la valorizzazione della fruizione alternativa del territorio, l’iniziativa legislativa che di recente (inizio 2024) ha fatto dell’Umbria un “caso nazionale” permettendo l’accesso di fatto indiscriminato dei mezzi a motore in sentieri, mulattiere e strade forestali se non tabellati con divieti (tabellazione costosa ed enormemente complessa viste le migliaia di chilometri della rete).

Su alcune indicazioni infrastrutturali su cui si concentra il PRT 2024-2034, come il nodo stradale di Perugia-Collestrada e il Metrobus (BRT) del capoluogo, si confermano i forti dubbi espressi dalle presenti Associazioni e dai comitati di cittadini per i notevoli impatti ambientali di opere sovradimensionate, malamente integrate al contesto con costi economici e sociali che si protrarranno per anni (fase di realizzazione e gestione) a fronte di limitati vantaggi per la viabilità collettiva.

Per le considerazioni critiche sull’approccio progettuale, sui metodi decisionali poco trasparenti e partecipativi seguiti dagli uffici regionali, nonché sulle soluzioni tecniche scelte in particolare per il progetto del “nodino” di Perugia si rimanda alla documentazione prodotta (https://nododiperugia.it/ e qui[1]) e alle proposte di intervento alternative emerse in più occasioni di analisi e confronto pubblico a cura del Comitato Sciogliamo il Nodo. Vedasi anche (qui[2]) il comunicato su altra opera stradale impattante e di dubbia utilità.

Ci sentiamo in ogni caso di ribadire in questa sede come, in linea generale, lo sforzo di progettazione e programmazione della Regione andrebbe diretta su altri fronti e per obiettivi diversi, non solo meglio dimensionati e meno onerosi ma anche, dati alla mano, più utili di quelli prefigurati dal progetto di “nodino”.

Alla luce delle osservazioni prima espresse sulle necessità del territorio di investimenti sostenibili, sarà fondamentale per l’Umbria ricercare soluzioni ai problemi di viabilità e accessibilità dei propri centri abitati in linea con i tempi, limitando all’essenziale opere che comportino nuovo consumo di suolo naturale per concentrare l’azione regionale sugli asset ferroviari e del trasporto pubblico esistenti (risolvendone i fattori di debolezza strutturali nuovi e conosciuti) e su una strategia per l’intermodalità, ben definita e monitorata nei risultati, che dovrà promuovere i sistemi di mobilità ecologica (bici, accessi pedonali alle fermate, bus a chiamata, servizi in sharing) tuttora allo stato embrionale in molte zone della regione, specie le più periferiche e di recente insediamento, abbandonando una volta per tutte la logica “stantia” e alla lunga controproducente di aumentare all’infinito le strade per snellire il traffico locale.

[1] https://storymaps.com/it/stories/e261c5ced6e344538866b7d7860ba15b?fbclid=IwAR1CiZ5Zm-B8_nP4PXQ6fThxPCZLJmuIu_9mBDZneTcMrXpunNPMbQeKrGo

[2] https://www.legambienteumbria.it/strada-statale-tre-valli-a-rischio-gli-ecosistemi-acquatici-e-il-patrimonio-naturale-della-valnerina/

 

 

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